domenica 26 febbraio 2017

Tre

Quando sei nato mi sono detta: "Devo resistere tre anni. A tre anni c'è la svolta".
Come se tre anni fossero qualcosa che puoi ponderare, a cui puoi dare dei confini fisici, qualcosa che puoi dominare.
Ma col tempo si sa, e coi figli - che sono una delle più perfette emanazioni del tempo - anche, è tutta una questione di percezioni. Giornate di febbre che sembrano interminabili, mattine in cui ti alzi e li guardi e ti dici che no, non può essere vero che tu sia già così grande (questi sono i momenti "vecchia zia in occasione di festività o celebrazioni", non dobbiamo vergognarcene, prima o poi siamo tutti vecchie zie).
Insomma ci siamo, Né: oggi sono tre anni, di compressioni e storpiamenti del tuo nome (sei stato Neni, Nessi, Enesito, Ene e chissà cos'altro), tre anni di compressioni e calci in un letto che sarebbe piccolo anche in king size, tre anni di incazzature e stupori per il tuo carattere e le tue doti, sorprendenti in positivo come in negativo.
Certo, ormai sei grande. Vai in bagno da solo e pretendi che la porta venga chiusa. Pretendi anche di pulirti da solo, e ti giuro che lo apprezzo tantissimo, ma forse meglio rimandare a quando avrai capito la meccanica e la fisica del rotolo di carta igienica. Che qui scopriamo altri pianeti, ma in qualche modo dobbiamo sempre passare da lì, per crescere: imparare ad autoaccudirci.
Ormai sei grande, parli come tuo padre, meglio di tuo padre, e soprattutto più di tuo padre, e questo va quasi oltre le leggi della natura, perchè non è davvero possibile che un essere così piccolo parli così tanto e così a lungo, e con così tanti argomenti, senza che la voce perlomeno gli si abbassi.
Persino la tua maestra ogni tanto ti implora "Enea, ti prego, stai zitto". Ma tu hai proprio l'urgenza autobiografica, si capisce.
Ormai sei grande, vuoi fare i compiti come tuo fratello, scrivere come tuo fratello (peccato che lui scriva sui quaderni e tu abbia reso il nostro divano la brutta copia di un quadro di Keith Haring), vuoi andare in piscina come tuo fratello, vestirti come tuo fratello, giocare a calcio come tuo fratello (e invece tuo padre sta inspiegabilmente per regalarti un canestro da muro). Forse vuoi essere come tuo fratello conscio del fatto che nulla ti è andato come a lui, il primo figlio, l'incredibilmente bello, il simpatico, il dolcissimo, quello che ha avuto tutto, dai corsi di musica a quelli di acquaticità passando attraverso i laboratori di cucina vegana, i workshop su Munari e gli spettacoli d'opera per bambini alla Scala. No, tu sei il secondo. Un po' brutto anatroccolo, un po' meno simpatico, parecchio più rude. Per te niente corsi nè teatri, solo dei grandi abbonamenti all'amoxicillina e al doposcuola.
Ormai sei (quasi) grande.
E' che poi scende la notte, leggiamo un libro, ti rimbocco le coperte, e quando torno a spegnere la luce un paio d'ore dopo... ti trovo nel letto di tuo fratello, accozzato, a voler rimarcare che, sì, siete diversi, ma respirate dello stesso respiro.
Perchè sei grande, ma hai dei residui di piccolinità - mi perdoni il neologismo osceno l'Accademia della Crusca, ma l'amore conosce parole che la linguistica non conosce.
E allora nel buio ti catapulti nei nostri letti, in quello del Bruco o di mamma e papà, perchè l'assenza di luce ti fa paura e - sospetto io - anche tutto quel silenzio, l'assenza di parole.
Strisci al nostro fianco e cerchi il ciuccio, ultimo residuo della prima infanzia, ti ci aggrappi perchè, me l'hai anche detto, forse non vuoi davvero diventare grande.
Sei troppo intelligente per non capire che diventare grandi è bello, sì, ma anche una fatica immonda, il preludio al sopraggiungere di rotture di cazzo a valanga.
E dall'alto di queste valanghe di cui modestamente sono piuttosto esperta, Enea, voglio dirti questo: i brutti anatroccoli sono dei gran fighi anche prima di diventare dei cigni. Anche se sono logorroici, anche se hanno paura del buio e anche se la gente non ha ancora imparato ad apprezzarli.

"Enea, da cosa vuoi vestirti a carnevale?"
"Da gelato"
"Da gelato?!? Ma perchè?"
"Perchè così tutti mi leccano"

Diciamocelo: a uno come te non servono mica, i laboratori per stimolare la creatività.
Tanti auguri, bambino mio quasi grande.

Nessun commento:

Posta un commento